• 8 Maggio 2024

Sicurezza sul lavoro: safety chiama security. Al MIMS lo sanno?

La lingua italiana a volte sintetizza troppo. Da noi dire sicurezza non è sufficiente se non si specifica “sul lavoro”. Così come dire sicurezza, riferendosi alla propria incolumità, non basta senza precisazione. Gli inglesi usano due termini distinti per questi tipi di sicurezza: rispettivamente safety security.

Quello che pochi sanno è che sempre più spesso la security è parte integrante della safety, come dovere del Datore di lavoro nei confronti dei propri dipendenti.

Ci riferiamo alle violenze nei confronti di chi svolge la propria prestazione lavorativa in ambienti esposti alle violenze. L’esempio classico può essere la rapina in banca o all’ufficio postale, ma lì, il Datore organizza da tempo protezioni e sorveglianza armata.

In altri ambiti, invece, questo aspetto è colpevolmente trascurato. Ci riferiamo alle aggressioni a scapito degli operatori sanitari e socio sanitari e degli operatori dei trasporti pubblici locali su gomma e su ferro. 

Abbiamo parlato più volte di questo problema nel sito di More Safe APS, ma questa volta lo facciamo a proposito di una sentenza del Tribunale di Bari del 21 novembre 2021, mirabilmente commentata da un articolo del Professor Paolo Pascucci, pubblicato sul numero 1-2022 di Diritto della Sicurezza sul Lavoro.https://journals.uniurb.it/index.php/dsl/article/view/3374/2967

L’incipit dell’articolo ci dice chiaramente ed è illuminante per capire di che si tratta:

“…sentenza del 21 novembre 2021 con cui il Tribunale penale di Bari ha condannato per omicidio colposo commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro il direttore generale di una ASL, nel cui ambito operava un Centro di salute mentale nel quale nel 2013 una psichiatra era stata orrendamente assassinata da un frequentatore del Centro, poi condannato con rito abbreviato a una pesantissima pena detentiva per omicidio volontario pluriaggravato. Una sentenza incentrata sul fatto che il direttore generale della ASL, quale datore di lavoro, pur essendo a conoscenza dell’elevato rischio di aggressione presente in quella struttura, non aveva predisposto le idonee misure di prevenzione e protezione necessarie ad evitarlo…”

Il concetto è semplice: se un datore di lavoro, tenuto al rispetto dell’art. 2087 del codice civile (L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro), da cui discende tutta la normativa sulla salute e sicurezza del lavoro (safety), sa che c’è un pericolo di aggressione per i lavoratori di cui è responsabile, deve adoperarsi per valutare, azzerare o mitigare il rischio di aggressioni, perché è vero che è un problema di security, ma è una security che deve diventare safety. Altrimenti viene condannato per omicidio colposo o per lesioni gravi o gravissime, a seconda dell’esito dell’aggressione.

In sintesi i datori di lavoro non possono cascare dal pero se sanno che c’è un fenomeno di aggressioni a carico dei dipendenti. E che ci siano questi fenomeni per i sanitari e per i lavoratori dei trasporti è ormai arcinoto. Quindi occorre che i datori di lavoro se ne facciano carico, certo con la collaborazione delle forze dell’ordine, ma non solo perché  sappiamo bene che non sempre queste sono sul posto nel momento dell’aggressione.

Questo vale anche nel trasporto locale, ferro e gomma, e non c’è protocollo ministeriale che tenga per esonerare i datori di lavoro da queste precise responsabilità.