Ottima pubblicazione INAIL in collaborazione con UTILITALIA e F.NE RUBES TRIVA
“Incidente: evento derivante da lavoro o che ha origine nel corso di un lavoro e che potrebbe causare o che causa lesioni o malattie” è quanto riportato tra i “Termini e Definizioni” dello Standard internazionale – Sistemi di gestione per la salute e sicurezza sul lavoro – UNI ISO 45001: 2018 – al punto 3.35. Nella Nota 2 di questo punto si legge: “un incidente che non causa lesioni o malattia ma con un potenziale di farlo, può essere descritto come “mancato infortunio”, “near miss”, “near hit” o “close call. Il termine “near miss” è molto utilizzato anche in Italia tra gli addetti ai lavori che si occupano di salute e sicurezza ma noi, per essere più comprensibili, preferiamo definirli semplicemente “mancati infortuni” con l’avvertenza che il termine “mancati” non è riferito solo a ciò che causa infortuni, bensì anche a ciò che provoca le malattie professionali.
I mancati incidenti sono un elemento fondamentale della prevenzione perché vanno considerati come la spia rossa che si accende sul cruscotto e che segnala in modo molto chiaro a cosa mettere riparo. Sia dove si è verificato il mancato incidente, che in altri luoghi, dove la stessa concausa potrebbe determinare lesioni o malattie. La normativa di esercizio di molte realtà è stata costruita nel tempo, sugli incidenti e sui mancati incidenti (si pensi alla regolamentazione ferroviaria per esempio). Anche per la prevenzione per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è così. Tornando allo standard citato in apertura, che per brevità chiameremo qui solo 45001, i mancati incidenti – che, come visto, sono parte della definizione di incidente, sono uno dei fondamenti delle “Valutazioni delle Prestazioni” (punto 9 della 45001), soprattutto nel punto 9.3 relativo al cosiddetto “Riesame di direzione”, ma non solo.
E’ soprattutto nel capitolo 10, relativo al “Miglioramento”, al punto 10.2 “Incidenti, non conformità e azioni correttive”, che a valle di un ciclo comprensivo anche di audit interni, si va ad analizzare ciò che ha funzionato e ciò che non lo ha fatto in maniera corretta, rispetto a quanto pianificato. Tra “tutti” la parte del protagonista è affidata anche ai lavoratori che, nella 45001, sono descritti come una parte che va coinvolta costantemente. Il punto 5 dello standard, non a caso, si intitola “Leadership e partecipazione dei lavoratori”, garantendo al 5.4 la “consultazione e partecipazione” di questi. Essi partecipano anche all’”investigare incidenti e non conformità e determinare azioni correttive”. Insomma, partecipano perché nella 45001 non vengono solo ascoltati (consultazione), ma fatti anche partecipare alle scelte decisionali sul sistema di salute e sicurezza adottato. Però c’è un però! Il rischio di ritorsioni esiste perché non tutti sono Adriano Olivetti, e neanche Ferrero o Luisa Spagnoli. Ma la 45001, che è uno standard che, ricordiamo, ha valore in tutto il mondo essendo ISO, ha previsto una norma di tutela al punto 5.1 “Leadership e impegno” che recita: “L’alta direzione (datore di lavoro, ndr) deve dimostrare leadership e impegno nei riguardi del sistema di gestione per la SSL:
- Assumendosi la piena responsabilità e l’obbligo complessivo di rendere conto della prevenzione di lesioni e malattie correlate al lavoro, nonché della predisposizione di luoghi di lavoro e attività sicuri e salubri;…..…omissis…
k) proteggendo i lavoratori dalle ritorsioni a seguito della segnalazione di incidenti, pericoli, rischi, e opportunità; …omissis…
Qualcuno, sui social, mi ha detto: “Sì, ma chi controlla?” La risposta mi viene spontanea: “Rls e delegati sindacali”. In più vorrei rassicurare gli scettici. Le aziende, soprattutto quelle di una certa dimensione, hanno interesse ad applicare uno standard ISO come la 45001, che fa parte della cosiddetta HLS (High Level Structure – struttura di alto livello) insieme a ISO 9000 che certifica la qualità e ISO 14000 che certifica le caratteristiche di rispetto ambientale. Perché quasi sempre le gare di appalto prevedono il requisito obbligatorio del possesso di certificazione della corretta applicazione di questi standard, spesso di tutti e tre insieme. E’ evidente, quindi, quanto possa essere importante per un’azienda, soprattutto per la sua reputazione, migliorare tangibilmente i propri standard anche sulla salute e sicurezza sul lavoro (tra l’altro risparmiando così anche sulla tariffa assicurativa INAIL). La certificazione da parte di un organismo vale tre anni e ogni anno è previsto un audit esterno di verifica e non penso che convenga a nessuno perseguitare subdolamente un lavoratore che segnali incidenti o mancati incidenti, compresi il mobbing e/o soprusi vari (anche se purtroppo la madre degli stupidi è sempre incinta), perché la prima cosa che gli auditor devono fare è proprio parlare con i lavoratori e i propri rappresentanti, soprattutto sui mancati incidenti occorsi.
Da segnalare che sulla modalità di segnalazione dei near miss è uscita recentemente una pubblicazione INAIL, frutto della collaborazione in corso dal 2018 tra INAIL, UTILITALIA e Fondazione RUBES TRIVA, dove viene codificata la procedura da seguire. La ritengo un’encomiabile iniziativa che darà sicuramente riferimenti certi alle aziende ma, soprattutto, alle forze sindacali del settore (UTILITALIA aggrega le aziende dei servizi pubblici locali a rete e non solo) per contribuire alla migliore gestione di uno standard che dà un protagonismo concreto ai lavoratori e a chi li rappresenta, nell’ambito della salute e sicurezza e nella prevenzione. Un utile aiuto per affiancare agli slogan e alla giusta indignazione a seguito degli infortuni, la cogestione di processi e procedure per impedire che accadano.