IL MELANOMA CUTANEO DA RADIAZIONI SOLARI
Il melanoma cutaneo è una neoplasia maligna potenzialmente letale che origina dalla iper-replicazione dei melanociti nello stato basale dell’epidermide.
Seppur con lieve ritardo diamo notizia della presentazione il 13 maggio 2024 di un’importante pubblicazione dell’Inail dal titolo: “Il melanoma cutaneo professionale da radiazioni solari. Aspetti di interesse medico-legale e prevenzionale” , a cura della Sovrintendenza sanitaria centrale dell’Istituto.
L’evento di presentazione della pubblicazione, coordinato dal Dott. Patrizio Rossi, Sovrintendente sanitario centrale, si è svolto presso il Parlamentino dell’Inail di via 4 novembre a Roma e ha visto la partecipazione di numerosi relatori illustri di altre amministrazioni (Ministero della Sanità, Istituto Superiore di Sanità, CNEL, Istituto San Gallicano-IRCCS-IFO, AGENAS).
Al di la alla cronaca dell’evento, al quale eravamo presenti, quello che è interessante segnalare sta tutto già nell’incipit della prefazione del volume:
“Il progressivo aumento delle diagnosi di melanoma nella popolazione generale unitamente alla novità rappresentata dalla ricognizione sui tumori cutanei (2018) redatta dall’OMS hanno richiesto un focus sui CSD-melanoma di origine professionale. Inoltre, l’esperienza e la casistica Inail hanno suggerito l’elaborazione del presente contributo anche in ragione della disomogeneità nazionale e della verosimile sottostima di denunce di melanomi di origine professionale.”
Quindi i melanomi stanno aumentando e vi sarebbe “una verosimile sottostima di denunce” di questo killer. Insomma, niente di banale o trascurabile, anzi. Infatti, continuando si legge:
“Anche la complessità della verifica del nesso causale e l’esigenza di una innovativa istruttoria medico-legale che consenta più univoco giudizio sul ruolo etiopatogenetico dell’esposizione professionale alle radiazioni solari (CSD- melanoma) hanno confortato la necessità della presente ricognizione.”
Tanto di cappello al Sovrintendente sanitario centrale Dott. Patrizio Rossi e all’Inail, che hanno preso atto di “una complessità di verifica del nesso causale” e della conseguente esigenza “di un’innovativa istruttoria medico legale”, per evitare che, per esempio, a Palermo venga riconosciuto il nesso di causalità e a Milano no, o viceversa. Anche se il problema delle disomogeneità di riconoscimento delle malattie professionali, purtroppo, non riguarda solo i tumori della pelle.
Bene, ottima iniziativa. Ma più che sul riconoscimento della tecnopatia in questione, aspetto pur fondamentale, pensiamo che la pubblicazione abbia messo in luce quanto sia urgente pensare alla prevenzione di questa brutta bestia che è il melanoma.
Già, perché nelle pagine della pubblicazione in questione si legge che l’incidenza mondiale del melanoma cutaneo è stabilmente cresciuta nelle ultime decadi raggiungendo i 324.635 nuovi casi nel 2020 e per il 2040 sono previsti oltre 510.000 nuovi casi e 96.000 decessi.
In Italia, tra il 2008 e il 2016, i melanomi hanno riscontrato il maggior incremento medio annuo rispetto a tutte le altre neoplasie, sia per l’uomo che per la donna e in tutte le fasce di età. L’incidenza è in costante ascesa.
Dati inquietanti che, per quanto riguarda chi lavora, portano a dover valutare il rischio della “radiazione solare”, che è classificata come cancerogeno del gruppo 1 dalla International Agency for Research on Cancer (un’agenzia specializzata dell’OMS che promuove la collaborazione internazionale della ricerca sul cancro).
Insomma, sono disponibili sufficienti evidenze di cancerogenicità per l’uomo, ma, pur costituendo un fattore di rischio per tutte le attività outdoor, la radiazione solare non rientra, purtroppo, tra gli agenti fisici né tra gli agenti cancerogeni e mutageni normati dal D.lgs 81/2008. Questo nonostante le più autorevoli organizzazioni internazionali e nazionali preposte alla tutela della salute e sicurezza, nonché alcuni studi epidemiologici condotti in ambito internazionale, concordino nel considerare la radiazione UV solare un rischio di natura professionale per tutti i lavoratori che lavorano all’aperto.
Ancor di più, quindi, va elogiata la Sorveglianza sanitaria centrale dell’Inail per aver acceso un faro su questo problema: la scienza dice che il melanoma è un fattore di rischio per chi lavora all’aperto, sotto il sole, il datore di lavoro deve valutare tutti i rischi (art.28 d.lgs 28/2008) ma la radiazione UV non è contemplata nel nostro Testo Unico della salute e sicurezza né come agente fisico e né come agente cancerogeno o mutageno. Quindi? Che fare?
Certamente occorre prendere coscienza del fatto che, al di là di quello che è previsto o meno, come datore di lavoro, ci si dovrà rifare almeno a quanto dice l’art. 15 del D.lgs 81/2008, laddove recita che bisogna perseguire “l’eliminazione dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite…e ove non è possibile la loro riduzione al minimo”.
Come? Beh, come si fa sempre: con misure organizzative, con misure ambientali, con dispositivi di protezione individuali e con la fornitura di creme di protezione. Il tutto preceduto da una robusta dose di informazione e formazione ai lavoratori e, certamente, con una efficace sorveglianza sanitaria. Con la stagione estiva ormai alle porte, sperando che non ci siano ancora forti ondate di calore come negli anni scorsi, è il minimo che si possa fare.
a cura di Giovanni Luciano