PREMESSA:
Parlare di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro del mondo dei Trasporti e della Logistica, con forti addentellati nell’erogazione dei Servizi Pubblici Locali, significa parlare di un ambito complesso ed articolato, denso di specificità poco sovrapponibili. Una realtà dove la salute e sicurezza sul lavoro si interfacciano e sovrappongono alla stessa sicurezza dell’esercizio.
Trasporto ferroviario, trasporto aereo e trasporto marittimo, trasporto pubblico locale, trasporto merci su strada e magazzini della logistica, il lavoro nei porti…, insomma, un ventaglio molto ampio di attività lavorative. Realtà distinte ma anche fortemente interconnesse tra loro. Non solo, all’interno di esse i rischi sono ovviamente molto diversificati l’uno dall’altro.
Nel trasporto ferroviario, ma potremmo fare altrettanti esempi nelle diverse modalità, il rischio di folgorazione di un addetto alla linea aerea ad alta tensione è, ovviamente, un rischio specifico che nulla ha a che fare con quelli che possono esserci all’interno di una biglietteria o di un’officina grandi riparazioni, oppure di chi fa il turnista, compreso il lavoro notturno.
Insomma, rischi “classici” e rischi specifici che compongono uno spettro molto ampio di possibile insalubrità a danno delle molteplici figure professionali che lavorano nei trasporti e nella logistica.
Una realtà che, forse, non è ben fotografata nell’attuale catalogazione dei “Settori Ateco Istat 2007”. Non siamo così sicuri che il Settore – Ateco Istat 2007 “H” – Trasporti e Magazzinaggio – sia perfettamente aderente a quello che è diventato oggi il mondo del trasporto. Per esempio, vi sono considerati gli addetti alle condutture ma non altre figure emergenti nel mondo del lavoro che cambia, considerate probabilmente nel Settore Ateco “G” – Commercio oppure in quello N del Noleggio, Agenzie di viaggio, ecc. https://www.codiceateco.it/sezioni#google_vignette.
Pensiamo, quindi, che sarebbe utile una sintonizzazione migliore di queste codificazioni, in modo di poter usufruire di una lettura statistica dei Dati più precisa.
Lo schema di questo Report
IL TREND DEI DATI – UNA DISCESA CHE SI È FERMATA!
50 ANNI DI DATI SUGLI INFORTUNI
Premesso quanto sopra procediamo con un’analisi del trend dei Dati generali sulle denunce di infortunio, con un approfondimento su quelle di infortunio mortale.
Se si osserva il grafico delle denunce degli infortuni dal 1970 al 2020 (anno che vede intervenire gli effetti del Covid-19) si nota quanto sia stata consistente la discesa in questi 50 anni, ma anche come la curva si sia stabilizzata dal 2015 in poi. L’osservazione sulla scala di grande periodo, come può essere questa lunga 50 anni, presenta un arresto della tendenza in discesa, che vedremo meglio nel dettaglio più avanti.
Fonte:“Quale Inail per il Paese?” relazione di Giovanni Luciano – Convegno presso Expo Training Fiera Milano.https://www.inail.it/cs/internet/docs/alg-pubbl-civ-quale-inail-per-il-paese.pdf
Infatti, se nel 1970 gli infortuni erano intorno al milione e seicentomila, dopo vent’anni erano scesi sotto al un milione e duecentomila, per arrivare a meno di un milione nel 2000, anno dal quale è iniziata un’ulteriore discesa che, malauguratamente, si è praticamente arrestata dal 2015 a oggi, stabilizzando la cifra sopra i 640.000, ad eccezione dell’anno 2020 che va considerato a parte in quanto poco confrontabile con i precedenti per effetto delle ricadute sull’economia del Covid-19.
Un fenomeno analogo lo si può evincere dall’osservazione dell’andamento dei Dati riferiti agli infortuni mortali:
Fonte:“Quale Inail per il Paese?” relazione di Giovanni Luciano – Convegno Sala della Regina – Palazzo di Montecitorio.
https://www.inail.it/cs/internet/docs/alg-pubbl-civ-quale-inail-per-il-paese.pdf
Come si può osservare dal grafico dal 1970 al 2020, le denunce di morti per incidente sul lavoro si sono ridotte moltissimo, ma restano ancora ben sopra i mille all’anno ed il trend è persino in risalita, seppur lievemente. Da notare il caso del 2020 che, seppur anno con oltre 100.000 denunce di infortunio in meno del precedente, registra un aumento di denunce mortali rispetto al 2019 ma anche degli altri anni fino al 2016.
Questo dato sulla significatività degli infortuni mortali lo si osserva meglio confrontando entrambi i grafici. Il numero delle denunce sembra essersi stabilizzato dal 2015 in poi ma le denunce di infortunio mortale salgono in percentuale rispetto al numero degli infortuni denunciati. Ciò significa che assistiamo a due fenomeni: le curve che erano in discesa tendono a non scendere più come prima e si osserva un aumento deltasso di letalità, se si mettono in relazione le denunce degli infortuni mortali con quelli generali.Meno infortuni ma più morti e una discesa che si è arrestata. La consapevolezza di ciò lancia una sfida che nessuno può rifiutare, ad iniziare dalle Parti Sociali e dalle Istituzioni.
ANALISI DELLO “ZOCCOLO DURO”
Premesso quanto sopra, analizziamo più in dettaglio l’andamento dei dati delle denunce degli infortuni di questo “zoccolo duro” degli ultimi anni, che sembra non volersi rompere, guardando i dati del quinquennio 2015-2019. Partiamo da quelli generali e procederemo a seguire ad un focus specifico sul Settore Ateco Istat 2007 H – Trasporto e Magazzinaggioal fine di evidenziare gli andamenti di questa importante componente dell’economia nazionale come già parzialmente approfondito dall’Associazione More Safe nel report “Safety e Trasporti”.https://www.moresafe.it/2021/01/25/safety-e-trasporti/
NB: nel numero complessivo degli infortuni, dal mese di ottobre 2017, sono comprese anche le comunicazioni obbligatorie di quelli che comportano un’assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell’evento, effettuate ai soli fini statistici e informativi da tutti i datori di lavoro e i loro intermediari, compresi i datori di lavoro assicurati presso altri Enti oltre l’INAIL o con polizze private, ai sensi dell’art.18 d.lgs. n.81/2008 e s.m.i.-
Nella serie storica del quinquennio 2015-2019 l’andamento complessivo delle denunce di infortunio sembra essere in leggero aumento, passando dalle 636.672 del 2015 alle 644.803 del 2019 (con un aumento del 1,28%), ma a ben vedere, se si guarda la curva depurata delle comunicazioni obbligatorie ai soli fini statistici degli infortuni “brevissimi” senza conseguenze, si nota una lieve diminuzione, passando dalle 550.426 alle 541.466 (con una diminuzione del 1,63%).
Una diminuzione che prosegue il trend degli ultimi venti anni ma che, comunque, è ancora troppo lenta e insopportabile in termini di numeri assoluti.
Non abbiamo inserito anche il 2020, che è un anno particolare per la peculiarità dell’impatto del COVID-19, però possiamo evidenziare i dati, ancora non assestati, delle denunce protocollate al 31 dicembre 2020 pubblicati da Inail il 29 gennaio 2021. Questi ci dicono che sono state presentate 554.340 denunce di infortunio, il 13,61% in meno di quelle dell’anno 2019.
Questa riduzione risente, evidentemente, della contrazione delle attività produttive prodotte dalle varie restrizioni imposte per limitare il diffondersi dell’epidemia, ad iniziare dai vari lockdown nella primavera scorsa.
Si badi bene che il numero complessivo contiene anche le denunce per infortunio da COVID-19 che sono state 131.090, il 23,7% delle denunce di infortunio pervenute all’Istituto dall’inizio dell’anno 2020. Ciò vuol dire che senza questa tipologia di infortunio le denunce sarebbero state “solo” 423.250 (il 34,36% in meno del 2019).
Un dato che va letto correttamente perché in grandissima parte determinato dalla diminuzione delle attività ma anche della mobilità, vista la forte incidenza sui dati complessivi degli infortuni sulla strada e in itinere.
FOCUS: LA LENTE SUI TRASPORTI
A questo punto possiamo dare uno sguardo su cosa è successo nei Trasporti. Di seguito due grafici che rendicontano l’andamento delle denunce di infortunio nel Settore Ateco Istat 2007 H – Trasporti e Magazzinaggio mettendo in relazione il totale delle denunce della Gestione Industria e Servizi della quale fa parte il Settore Ateco Istat 2007 H – Trasporti e Magazzinaggio con le denunce specifiche di quest’ultimo.
Elaborazione Associazione More Safe da Open Data Inail – 30 Ottobre 2020
RIPARTIZIONE DENUNCE DI INFORTUNIO NEL QUINQUENNIO 2015-2019
Volendo dare uno sguardo alla comparazione con gli altri principali settori economici della catalogazione Ateco Istat 2007 e utilizzando due tabelle presenti su Dati Inail Settembre 2020 (con Open Data al 30/04/2020), possiamo vedere quale sia la collocazione del Settore H Trasporto e Magazzinaggio sia per le denunce di infortunio globali che per quelle con esito mortale.https://www.inail.it/cs/internet/docs/alg-dati-inail-2020-settembre-pdf.pdf
I dati ci dicono che i Trasporti, insieme alle attività manifatturiere e alle costruzioni, sono ambiti nei quali la percentuale di infortuni mortali è tra le più elevate rispetto a quella degli infortuni globali. Questo è un indice di rischiosità che deve far riflettere. Così come non si può prescindere dal fatto che i trasporti sono sicuramente il settore che più di altri risente della variabile di accadimento “con mezzo di trasporto”. Ricordiamo che la metà degli infortuni mortali avviene su strada (considerando la tipologia “in occasione di lavoro” unitamente a quella “in itinere” (per approfondimenti in merito aprire il link seguente: https://www.inail.it/cs/internet/docs/alg-pubbl-civ-la-strada-per-la-sicurezza.pdf.)
LE MALATTIE PROFESSIONALI
Per le denunce complessive di malattia professionale nello stesso quinquennio 2015-2019 vediamo che, complessivamente, il trend è in crescita passando da 58.890 denunce del 2015 a 61.201 denunce del 2019 (con un aumento del 3,92%).
Se aggiungiamo anche il dato, ancora molto provvisorio, del 2020, le denunce di malattie professionali sono scese a 45.023, ben 16.178 in meno dell’anno precedente. Un calo di oltre il 26%, determinato quasi certamente dai lockdown della primavera e dal ricorso al lavoro in smart workingdegli uffici che potrebbero aver rallentato le pratiche per le denunce. È probabile che si possa assistere in futuro ad una sorta di rimbalzo del numero delle denunce, una volta tornati alla normale attività. Le malattie professionali, purtroppo, non diminuiscono da un giorno all’altro perché c’è un rallentamento delle attività. Contrariamente agli infortuni, che sono eventi immediati, si sviluppano col tempo e quelle non ancora denunciate, purtroppo, sono comunque già presenti. Per questo pensiamo che il dato delle denunce 2020 sia ancora un dato da valutare con una certa cautela.
Tornando al quinquennio 2015-2019 possiamo osservare quale sia la quota parte delle denunce di malattia professionale relative al nostro Report sul Settore Ateco. Di seguito la tabella con le indicazioni delle principali tipologie di Malattie Professionali:
Come si può vedere la percentuale del Settore H, rispetto al totale delle denunce, non è elevatissima, ma questo non deve indurre a pensare che il problema sia contenuto.
Questo perché le malattie professionali sono un aspetto che va esplorato sempre di più, così come sempre più vanno favorite le denunce e sarebbe anche il caso di aggiornare la tabella delle malattie riconosciute, ferma ormai dall’aprile del 2008.
http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_normativa_1688_allegato.pdf
La ricerca scientificadeve potenziare i suoi sforzi per andare ad individuare i nuovi agenti patogeni che possono avere nesso di causalità per lo sviluppo di tecnopatie. Il numero delle malattie denunciate, quasi certamente, è la classica punta dell’iceberg in relazione a un fenomeno di gran lunga maggiore di quanto appaia, basti pensare che il numero delle denunce delle tecnopatie è meno di un decimo di quello degli infortuni.
Della situazione nei trasporti, poi, un’idea della situazione ce la può dare anche un’ottima analisi riportata sul numero di settembre 2020 di “Dati Inail”, a firma del Dott. Giuseppe Bucci, che afferma:
“Il settore trasporti è stato, da sempre, di grande importanza per i suoi innumerevoli risvolti, commerciali, culturali, militari e sociali. Purtroppo, però, i rischi per la salute di chi opera in questo settore sono molteplici. Si pensi agli orari e ai ritmi di lavoro prolungati, alle operazioni di scarico e carico, al dover guidare camion obsoleti che spesso percorrono strade dissestate, a cui si aggiunge l’affaticamento provocato da vibrazioni e rumore. Tutto questo comporta esser sottoposti a elevato stress, fatica, disturbi muscolo-scheletrici che rappresentano alcuni dei diversi fattori che rendono insalubre il lavoro per chi lo svolge. Analizzando i dati per il Settore Ateco ISTAT 2007: H, relativo appunto a trasporto e magazzinaggio, si può vedere come, alla data di rilevamento di aprile 2020, i casi denunciati di malattie professionali protocollate nel 2019 sono state 2.693, con un incremento del 9,2% rispetto il 2018. Tale dato è in controtendenza rispetto i due anni precedenti, in cui si era registrato un calo delle denunce. Dall’analisi di lungo periodo si può comunque constatare che, a meno di tre eccezioni, 2017 e 2018 appunto e 2012, l’incremento dei casi denunciati di malattie professionali tra il 2009 e il 2019 è stato pressoché costante, e che questi siano più che raddoppiati negli ultimi 10 anni. Va specificato che tale andamento non si discosta molto da quanto accaduto per le malattie professionali in complesso, infatti, nello stesso periodo, i casi per tutti i Settori Ateco sono passati da 35.000 a oltre 61.000. Tornando al settore trasporto e magazzinaggio, tra le patologie denunciate nel 2019, la stragrande maggioranza ha riguardato malattie del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo, 2.173, oltre l’81% dei casi complessivi con tecnopatia definita. Tra queste, il 64% è rappresentato da dorsopatie (1.397 casi), e il 30% da disturbi dei tessuti molli (647 casi). Seguono le malattie del sistema nervoso (151 casi) e dell’orecchio (130 casi). I tumori rappresentano il 3,3% delle denunce (+10% rispetto lo scorso anno), corrispondenti a 88 casi, di cui 33 tumori al tessuto mesoteliale e tessuti molli e 27 tumori dell’apparato respiratorio. Infine, ancora numericamente significative le malattie del sistema respiratorio, con 76 casi. Marginali i numeri delle altre patologie denunciate: disturbi psichici, malattie dell’apparato digerente e dell’apparato circolatorio. Se si passa a considerare i casi definiti positivamente, quelli del 2019 sono stati 558, solo il 21% dei casi denunciati, mentre la media dei precedenti 4 anni (2015/2018) era del 32%. Ovviamente in questo caso si scontano i tempi piuttosto lunghi necessari per la definizione di un caso di malattia professionale denunciato, questo valore è quindi destinato a crescere. La distribuzione per patologia di questi 558 casi, se pur per valori assoluti chiaramente molto più bassi, è similare a quella delle denunce, con i tumori seconda, da quarta, tra le patologie riconosciute, dietro alle malattie del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo che rappresentano addirittura l’83% dei casi positivi. Analizzando la gravità delle malattie professionali indennizzate nel2019 (422 lavoratori) si può inoltre apprezzare come l’1,4% siano indennizzi in temporanea, il 76,8% permanenti in capitale (con grado di menomazione quindi compreso tra il 6% e il 15%), il 19,4% permanenti in rendita (16/100%) e il 2,4% siano mortali (corrispondenti a 10 lavoratori). Valutando, infine, le sottocategorie Ateco relative ai soli trasporti, escluso quindi il magazzinaggio, queste rappresentano il 60% dei casi denunciati complessivamente (1.624) corrispondenti a 1.261 lavoratori tecnopatici. Tra questi, come è facile immaginare, oltre il 97% è di sesso maschile, mentre il 7% (91) sono lavoratori stranieri. L’età in cui si concentrano le denunce è tra i 56 e i 63 anni, fascia in cui è compreso il 47% dei lavoratori totali“.
Disturbi muscolo scheletrici – DMS– e sindrome delle apnee ostruttive del sonno –SAOS– due PROBLEMI da tenere MOLTO presenti
Come abbiamo appena visto sopra, per quanto riguarda le malattie professionali nei trasporti, la parte del leone la fanno le malattie del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo che rappresentano addirittura l’83% dei casi.
Senza nulla togliere alla rilevanza delle tecnopatie più subdole e spesso letali quali i tumori professionali, ai quali dedicheremo in futuro degli approfondimenti specifici, in questa occasione ci sembra fondamentale ribadire l’importanza della campagna europea 2020-2022 – Ambienti di lavoro sani e sicuri – “Alleggeriamo il carico!”– che la European Agency fot Safety and Health at Work (EU-OSHA), l’agenzia europea per la sicurezza sul lavoro con sede a Bilbao, ha dedicato ai Disturbi Muscolo Scheletrici (DMS) lavoro-correlati.
Il titolo stesso della campagna è emblematico. “Lighten the load!”, appunto “alleggeriamo il carico”, se ci si pensa potrebbe essere uno slogan valido non solo per i DMS ma per tutti gli aspetti legati ai disturbi lavoro-correlati.
Questa importantissima campagna, che finirà alla fine del 2022, a nostro avviso, dovrebbe essere molto più pubblicizzata ed “entrare” in tutte le aziende, proprio ad iniziare da quelle del settore Trasporti e Magazzinaggio: Noi come Associazione More Safe ce ne siamo già occupati e lo faremo ancora fino alla fine della campagna. https://www.moresafe.it/2021/01/10/alleggeriamo-il-carico/, ma invitiamo tutti gli stakeholders a farlo.
I DMS non sono solo mal di schiena, purtroppo sono molto di più e sarebbe il caso di occuparsene tutti meglio. Per questo siamo convinti che un impegno più deciso in tal senso sia molto opportuno ed importante da parte delle Parti Sociali, ad iniziare dal Sindacato e dai propri RLS. Anche gli imprenditori dovrebbero valutare meglio i pessimi effetti dei DMS sulla produttività delle loro imprese.
Un’altra questione della quale ci occuperemo a brevissimo in More Safe è la ricerca scientifica in corso sugli effetti della OSAS, ovvero della Obstructive Sleep Apnea Syndrome – OSAS. Nella facile traduzione italiana di Sindrome delle Apnee Ostruttive del Sonno SAOS non si commetta l’errore di una semplificazione del tipo DMS uguale mal di schiena, quindi, SAOS uguale russare. Non è così! Senza anticipare molto del lavoro che stiamo seguendo, possiamo solo dire che almeno il 20% degli incidenti stradali avviene a causa di questa sindrome e che i suoi effetti negativi influenzano il comportamento diurno dei soggetti che ne sono affetti.
CONSIDERAZIONI FINALI
Una lettura corretta dei dati ci dice che è stata fatta tanta strada per ridurre il numero degli infortuni sul lavoro, ma occorre accelerare e non pensare che basti così. Dal 1977 al 2013, volendo confrontare i dati delle denunce con quelli Istat delle percentuali di occupazione di quel periodo possiamo dire che le denunce si sono più che dimezzate senza calo di occupazione. Ciò significa che le azioni poste in essere nei decenni scorsi sono state efficaci, ma non basta, visto che, come abbiamo visto sopra, la discesa si è arrestata.
La considerazione da fare, quindi, è che la riduzione del numero degli infortuni e, soprattutto, degli accadimenti mortali è pressoché stabile. Non solo; da anni ormai non si riesce ad abbattere il muro scendendo sotto le 1000 denunce all’anno di infortuni mortali sul lavoro.
Questi trend degli infortuni, soprattutto quelli mortali, pongono al Paese una sfida per un impegno forte sulla cui necessità occorre più consapevolezza, che deve essere di tutti gli attori della sicurezza e promossa costantemente da tutti gli stakeholder.
Da questa consapevolezza bisognerebbe far ripartire una potente e rinnovata azione per dare un nuovo slancio ad una prevenzione consapevole ed efficace che superi la mera applicazione delle norme e le polemiche su una, indubitabilmente, scarsissima azione di vigilanza sull’applicazione delle norme previste dal D.lgs. 81/2008. Nell’accordo interconfederale denominato “Patto della fabbrica”, stipulato da Confindustria e CGIL-CISL-UIL il 9 marzo 2018, vi erano ottime premesse in tal senso ma, ad oggi, non hanno ancora dispiegato i loro potenziali effetti.
Una prevenzione, quella per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro, che va considerata un investimento e non una spesa. Non è un facile slogan, perché le ricadute negative in termini economici, oltre che di lutti e dolore, per il sistema Paese, sono veramente esorbitanti. In questo senso occorrerebbe un’applicazione a tappeto dei Sistemi di Gestione della Salute e Sicurezza, soprattutto di quelli previsti dalla UNI ISO 45001 che prevedono la partecipazione dei lavoratori (non solo l’informazione o la consultazione, ma una parte attiva nei processi di messa a sistema di modelli di gestione aziendale sul miglioramento continuo della salute e della sicurezza nelle unità produttive).
Agire in tal senso da una forte campagna nelle aziende dei Trasporti e della Logistica sarebbe un ottimo inizio.
Giovanni Luciano