• 4 Dicembre 2024

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Aerare i locali prima di soggiornarvi”: le regole per gli ambienti di lavoro in epoca Covid19

Contributo editoriale elaborato da Barbara Garbelli per Giuffrè Editore

Introduzione:

Il microclima e la qualità indoor dell’aria rappresentano uno dei punti cardine del “sistema sicurezza” previsto dal D.Lgs. 81/2008 e sono soggetti ad analisi di valutazione del rischio in qualsiasi attività lavorativa: una corretta gestione del microclima (attraverso regolare cambio d’aria e corretta ventilazione) è necessaria per mantenere sia condizioni di comfort che di salubrità dell’ambiente.

Porre nuova attenzione al microclima nell’ attuale contesto pandemico può corrispondere ad un importante principio strategico e di precauzione per la lotta al contagio in ambiente di lavoro.

L’analisi dei fattori di rischio

Tra le possibili vie di trasmissione del virus Covid19 non vi sono soltanto le goccioline (droplet) ma anche gli aerosol, che rimangono sospesi a lungo nell’aria, specialmente in quegli ambienti dove manca un ricambio d’aria adeguato e frequente, favorendo di fatto un aumento della carica virale e diventando una concreta fonte di rischio per il contagio.

L’Istituto Superiore di Sanità (ISS) è intervenuto in più battute in relazione a questo aspetto, sia con un primo documento tecnico del 20 marzo 2020, sia con un ulteriore documento di aggiornamento il 25 maggio 2020.

Nel documento d’aggiornamento l’ISS pone attenzione alla diversità degli ambienti indoor, distinguendo gli ambienti domestici da quelli lavorativi.

Si definiscono:

  • Ambienti domestici “le abitazioni in cui interagiscono quotidianamente esclusivamente i nuclei familiari, dove si continueranno a svolgere attività lavorative e didattiche a distanza attraverso le tecnologie digitali”;
  • Ambienti lavorativi “progettati con standard dedicati agli specifici scopi come uffici, supermercati, farmacie, parafarmacie, uffici e sportelli bancari e postali, aeroporti, stazioni e mezzi pubblici in cui interagiscono, per le diverse esigenze, dipendenti, clienti, visitatori, operatori di ditte esterne, fornitori e viaggiatori”.

Una corretta gestione del microclima in ambiente di lavoro comporta sia un maggior comfort che una adeguata salubrità dell’aria, diventando di fatto un ulteriore pilastro per prevenire il contagio, insieme a:

  • Distanziamento;
  • Igiene;
  • Mascherina.

Pertanto la conoscenza dei fattori di rischio e l’attenzione a ridurre la carica virale negli ambienti non costituisce una mera attività preventiva, ma una vera e propria precauzione: non si agisce sulla base di una evidenza, ma si adotta un comportamento precauzionale.

In un ambiente indoor i fattori principali che influiscono sulla probabilità di contagio sono i seguenti:

  1. Ricambio dell’aria, ovvero corretta ventilazione;
  2. Tempo di esposizione, ovvero durata degli incontri fra utenti;
  3. Assembramento, ovvero numero di operatori presenti in ambiente;
  4. Filtrazione, attraverso le mascherine;
  5. Distanziamento.

I diversi studi svolti in questi dodici mesi hanno evidenziato come il tempo di esposizione e il ricambio dell’aria siano di fatto gli attori principali nella determinazione del rischio di contagio; la mascherina facciale ha un’incidenza nettamente inferiore rispetto ai primi due aspetti.

Come si propaga il virus in un ambiente chiuso?

Uno studio svolto negli scorsi mesi in Spagna ha analizzato le probabilità di contagio in tre ambienti tipo: un’abitazione privata, un ristorante, un’aula di scuola.

Il rischio di infezione è stato calcolato partendo da uno strumento sviluppato da José Luis Jiménez dell’Università del Colorado, esperto di chimica e dinamica delle particelle nell’aria; i risultati devono considerarsi parziali, ma rendono in maniera molto efficace il concetto.

Ad oggi i veicoli riconosciuti per la trasmissione del virus sono tre, lo studio intrapreso e le tabelle evidenziano l’importanza dell’aerosol:

  1. Piccoli droplets, che vengono emessi parlando o tossendo, possono finire in bocca, negli occhi, nel naso delle persone vicine;
  2. Superfici contaminate, ad oggi non risultano casi evidenti di contagio;
  3. Aerosol, di minori dimensioni dei droplets, possono essere inalati respirando l’aria dell’ambiente.

Parlare, gridare e cantare in ambienti chiusi aumenta il rischio di contagio; gli aerosol emessi, se non diffusi attraverso l’aerazione diventano più concentrati, aumentando il rischio di infezione.

In che misura gli impianti di climatizzazione possono contrastare o agevolare il contagio

Gli impianti di ventilazione e climatizzazione invernale ed estiva possono mitigare o acuire il contagio negli ambienti indoor: mentre l’immissione di aria esterna permette di diluire la carica virale nell’ambiente, la movimentazione della stessa aria nell’ambiente ed il ricircolo possono costituire una fonte di rischio.

I getti d’aria degli impianti all’interno dell’ambiente possono interagire con le esalazioni dei soggetti presenti dell’ambiente; non è semplice accorgersi quando la possibile carica virale nell’aria abbia necessità di un ricambio, l’uomo non han organi di senso per percepire la qualità dell’aria; infatti solo quando l’aria è viziata a livelli molto elevati ne percepiamo gli effetti (stanchezza, difficoltà di contrazione, mal di testa).

La ventilazione può inoltre comportare il movimento d’aria fra due ambienti adiacenti, con trasporto dell’eventuale aerosol rimasto sospeso; di fatto in questa situazione la carica virale presente in un ambiente potrebbe trascinarsi in un ambiente adiacente sano, comportando rischio di contagio.

Tipologie di impianti

Gli impianti di ventilazione e climatizzazione regolano e controllano diversi parametri, fra cui le condizioni termiche, igrometriche, la qualità dell’aria ed il movimento dell’aria negli ambienti in cui sono presenti.

I principali componenti degli impianti sono:

  • Unità di trattamento aria (UTA)
  • Fan coil
  • Climatizzatori del tipo a split
  • Climatizzatori portatili monoblocco

Le UTA sono dispositivi impiegati nel trattamento e circolazione dell’aria negli edifici, sono parte integrante del sistema di riscaldamento, raffreddamento e ventilazione; sono collegate ad un sistema di canalizzazione di distribuzione dell’aria nell’edificio.

In funzione della modalità operativa una parte della UTA una parte dell’aria viene ricircolata, mentre una restante parte di aria viene rinnovata prelevandola dall’esterno dell’edificio.

Gestire correttamente l’impianto ed intervenire con regolare pulizia sono i mezzi idonei per garantire la buona qualità dell’aria.

I fan coil, o ventilconvettori, sono dispositivi per il controllo della temperatura nell’ambiente, contengono un filtro per l’aria uno scambiatore di calore provvisto di alette, un ventilatore ed una vaschetta di raccolta; tutti i componenti normalmente sono chiusi in un contenitore.

Questi componenti trattano esclusivamente l’aria presente nei locali e pertanto devono essere sottoposti a costanti interventi di pulizia e manutenzione, al fine di scongiurare la contaminazione degli ambienti.

I climatizzatori a split sono sistemi costituiti da un’unità esterna e una o più unità interne, collegate fra loro da tubi, al cui interno è presente un gas frigorifero.

L’unità esterna, contiene un compressore, un ventilatore ed uno scambiatore d’aria, mentre l’unità interna è simile ad un fan coil.

Anche gli split, come i fan coil, trattano esclusivamente l’aria presente nei locali, pertanto gli interventi di pulizia e manutenzione devono essere costanti per prevenire il rilascio di contaminanti negli ambienti.

I climatizzatori portatili monoblocco invece sono dispositivi che trattano localmente l’aria, hanno una struttura portatile ed hanno la necessità di espellere l’aria al di fuori del locale, posizionando un tubo flessibile sotto le tapparelle o attraverso un foro applicato nella finestra; il funzionamento è il medesimo del fan coil e dello split, pertanto questi apparecchi necessitano di costante e periodica pulizia e manutenzione.

Gli accorgimenti da adottare

Le raccomandazioni per mantenere ambienti salubri sono di semplice applicazione e previste dall’ Istituto Superiore di Sanità (ISS) nei documenti tecnici del 20 marzo 2020 e 25 maggio 2020:

  1. Ventilazione naturale: anche la ventilazione naturale può, potenzialmente, comportare le problematiche di trascinamento delle particelle nell’ambiente o negli ambienti adiacenti, alla stregua degli impianti di ventilazione e climatizzazione. È necessario pertanto, in fase di ventilazione naturale, mantenere chiuse le porte interne dell’edificio, per limitare lo spostamento degli aerosol potenzialmente infetti.
  2. Impianti di ventilazione e condizionamento: la pulizia delle superfici esterne degli impianti deve essere integrata nelle attività di pulizia e sanificazione degli ambienti di lavoro (pavimenti, arredi, ecc.). sarà inoltre opportuno aumentare la frequenza della pulizia dei componenti interni degli impianti e della pulizia e sanificazione di filtri, umidificatori e batteria di scambio termico.
  3. Sanificazione di superfici ed ambienti: lo scopo di queste attività, previste obbligatoriamente a cadenza periodica dal Protocollo Anti-contagio condiviso fra Governo e Parti sociali del 24 aprile 2020, è quello di ridurre la carica microbica nell’ambiente, così da agevolare anche un miglior qualità dell’aria. Le attività di sanificazione non si sostituiscono a quelle di pulizia, ma ne sono conseguenza: detersione, disinfezione e quindi sanificazione.

Conclusioni e prospettive

La quantità di aerosol pericolosi negli ambienti indoor sono la somma di vari fattori, tuttavia alcuni elementi sono definibili e ci possono fornire le istruzioni per una corretta gestione dell’ambiente.

Uno scarso afflusso di persone, la breve durata degli incontri, l’utilizzo di mascherine, il distanziamento e la ventilazione d’urto periodica (qualche minuto ad intervalli regolari) possono diminuire drasticamente il rischio di contagio.

Le misure di gestione degli impianti di ventilazione e condizionamento sono misure complementari a quelle sopra riportate e svolgono un ruolo di fondamentale importanza.

Non possiamo considerarle misure alternative, ma fanno tutte parte del “sistema sicurezza” per una corretta gestione degli ambienti indoor in fase di pandemia.